MEMENTO MORI

del Pan dei Morti e del perché mai dovremmo festeggiare

Stamattina in pasticceria compro il “Pan dei Morti”, ne sono goloso… La Signora mi dice: “Chissà cosa ci sarà da festeggiare con i Morti…” E io con la risposta sempre pronta ribatto: “So che è dura da comprendere, ma per noi Cristiani dovrebbe davvero essere una Festa, perché morendo rinasciamo a una Vita Eterna in cui la sofferenza non esisterà più.”

Poi tornato a casa ci ripenso e credo di avere sbagliato, o meglio, di non averla raccontata giusta. Perché? Perché sono innamorato di questa Vita meravigliosa, un’esperienza unica che ci permette la grande libertà di scegliere tra il Bene e il Male. Un’esperienza che gli Angeli vorrebbero poter fare, quella di AMARE! Altro che Festa dei Morti… Vivere, emozionarsi amando…

Allora qual è il senso del 2 novembre? E’ il giorno dedicato ai defunti, tutti, ma in special modo ai propri. Al loro ricordo. A ciò che hanno fatto per noi, a quanto li abbiamo amati e a quanto ci hanno amato. Nel bene e nel male ci hanno insegnato cose che fanno di noi, oggi, degli Uomini e delle Donne così come siamo. Hanno influito ognuno sulla nostra Vita, sul nostro modo di Essere e Pensare. A loro dobbiamo molto di quello che siamo diventati. Anche agli Amici che sono morti ingiustamente giovani, dobbiamo molto.  Il loro sacrifico è stato spesso d’esempio per noi, per diventare migliori.

Ma c’è anche un’altra riflessione. “Memento Mori”… Ricordati che devi Morire. Ecco quello che dovremmo tenere presente ogniqualvolta in noi si affaccia il desiderio di “non fare il Bene”, di non comportarci correttamente, di essere egoisti, di essere arroganti, di esprimere giudizi gratuiti, di mettere in difficoltà gli altri per un nostro tornaconto, o semplicemente per nostra superficialità. Ogni volta che non abbiamo rispetto della Vita altrui.

Vivo guidato da alcuni principi, uno di questi è ben descritto nella Parabola dei Talenti. … “Ricordati che devi morire“… a me ricorda che i miei talenti nella Vita me li devo giocare tutti quanti, e rigiocare continuamente sino alla fine dei miei giorni. E non importa se li perderò, se ne guadagnerò di più, se farò entrambe le cose. L’importante sarà aver vissuto amando e dando quello che sono capace, di costruire e donare con tutti i miei limiti. Che Dio non voglia invece che a uno venga in mente di seppellire quei talenti sotto terra per paura di perderli, per paura del Giudizio di Dio. Che Dio non voglia che ci rifiutiamo di prenderci le nostre Responsabilità di far funzionare meglio il nostro piccolo mondo. Che Dio non voglia che ci rifiutiamo di aiutare… di capire… di accogliere… Perché colui che non li avrà utilizzati, investiti nella quotidianità della Vita, bè proprio questi verrà giudicato e sarà oggetto dell’ira di Dio.

Che la Carità, che copre tutto, ci possa avvolgere risanando tutte le volte che abbiamo mancato.  E l’Amore e il Perdono vicendevole ci aiuti davvero a diventare migliori, nel ricordo di quelli che non vediamo più in carne e ossa, ma vivono dentro e accanto a noi, in attesa di riabbracciarli dopo aver vissuto una Vita ricolma di Bene condiviso. Soprattutto fatta di piccole e piccolissime cose, perché le “grandi imprese” le lasciamo ai Santi, già festeggiati ieri… o agli stolti.